07-04-2020
Chi ha sempre pensato che il mattone fosse solo un asset illiquido, in tempi di coronavirus può scoprire il vero significato del concetto di casa come bene rifugio.
La pandemia ci sta facendo infatti scoprire vari aspetti dello stare in casa che da tempo ormai, presi dalla frenesia del lavoro outdoor, non ricordavamo più: la casa-ufficio, la casa-palestra, la casa-cucina stellata, la casa-social. Se quindi in questo periodo si è registrato un balzo nella vendita di farina, lievito e uova per le nostre riscoperte doti da chef, nonché un aumento esponenziale nell’uso di social network e nella lettura di siti di informazione, oltre che di vendite di detergenti per le pulizie, questo è anche dovuto al nuovo valore che la casa sta assumendo agli occhi degli italiani (e non solo). Quello di bene rifugio, non nel senso economico del termine, ma nel senso “umano” di tana nella quale ripararsi e vivere h24.
E’ quindi probabile, come anticipavamo tempo fa in una intervista fatta al direttore generale di Scenari Immobiliari Francesca Zirnstein, che anche le esigenze legate alla casa si stiano delineando in questo periodo in modo da determinare le scelte di acquisto futuro. Ad oggi, secondo Plus 24, un terzo delle abitazioni italiane non ha spazi esterni, il 60% non ha doppi servizi, il 92% sono case almeno del secolo scorso. Di contro, gran parte delle abitazioni sono addensate nelle città, dove la dimensione media è di 62 mq, mentre ora come ora il valore di abitare in contesti più aperti e meno densi di popolazione sta assumendo tutto un altro significato.
Comporterà tutto questo un cambiamento di gusti in fatto di scelta delle abitazioni nel mondo post-Covid? Avrà delle conseguenze sul valore del mattone? Lo dirà solo il tempo. Intanto nel breve periodo si osserva un concreto rischio di svalutazione di un asset nel quale è investito il 75% della ricchezza degli italiani e che già aveva perso oltre un terzo del valore nel giro di alcuni decenni. La ripresa era appena cominciata in alcuni contesti, in particolare nei grandi centri, prima di questo nuovo stop.
Quello che si può prevedere è quindi una rimodulazione delle preferenze a favore di spazi più ampi, aree esterne, doppi servizi, ma non necessariamente una preferenza per la provincia rispetto alla città. Probabilmente questo momento rilancerà le periferie dei grandi centri, giusto compromesso tra le due soluzioni.